Il lavoro d'arte di Isabella Crucianelli non è mai espressione statica; infatti non ci sono solo motivi che si ripetono ma una vasta gamma di suggestioni che li distinguono. Le prime opere quasi di carattere decorativo che riassumono una tradizione tutta europea del primo "900", sono l'indice della sua raffinatezza mal compiaciuta.
Crescendo in una sua ricerca decorativa chiarisce le tecniche; così non solo perfeziona la decorazione ma precisa il racconto anche se non è figurazione solo allusione narrativa. In alcuni quadri, ad esempio, sembra di scorgere il mondo quale doveva essere prima del peccato originale; altrove potrebbe essere ritrovato il farsi della prima aurora della terra.
La sensibilità decorativa fa spazio al simbolistico con le sue tensioni spirituali. Isabella Crucianelli accoglie talune specifiche atmosfere letterarie simboliste da Mallarmè e Verlaine sino ad Apollinaire e ai nostri Campana e Ungaretti.
In alcuni quadri ritorna il cerchio, la spaccatura del mondo, ritornano gli elementi di una osservazione cosmica che mi sembra comprenda anche una indicazione, forse appena una interrogazione escatologica.
La pittura di Isabella è sostanzialmente lirica perché anche quando c'è l'elemento drammatico ("Le noeud de viperes") la sua operazione si risolve compostamente in funzione di una certezza esistenziale.
Interiormente c'è il tormento della ricerca, a volte la durezza degli elementi, ma alla fine, quando il quadro è completo, esprime una nozione di serenità, semplicità interiore opposta alla preziosità dei mezzi usati (la luna dorata, il fondo buio, si ha nel primo impatto una sensazione ruvida, poi avvicinandosi e guardando come è stata gettata e composta la materia, ci si accorge di questa compostezza rassicurante, così come l'altro quadro "Simboli" che in realtà fa pensare ad un ricavo di una cattedrale gotica, o a segni orientali).
La pittrice infatti raccoglie certamente anche taluni echi delle composizioni indiane e giapponesi: del resto nella immediatezza della colorazione delle ceramiche lo si vede molto chiaramente.
Già nel suo decennio di applicazione c'è una strada compiuta, vale a dire, la risposta che arriva dopo molti interrogativi sulle cose: la gioia del mondo e la sua bellezza segreta.
Ci convince poi con il richiamo a scandagliare ciò che va oltre l'immanenza.
E' la sua visione metafisica che è forse la sua vera originalità
VALERIO VOLPINI