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ELVERIO MAURIZI - 27 Giugno/ 14 Luglio 1984 Galleria L'Aquilone, Urbino

Galleria L’Aquilone – Urbino
27 giugno – 14luglio 1984

 


Il problema espressivo per Isabella Crucianelli appare risolto da qualche anno a questa parte sia come assolutezza di superfici che come riscontro ideale di situazioni e di logiche, sempre tenendo d'occhio con estrema attenzione i problemi metafisici. C'è, nella sua produzione, una specie di processo assuntivo di dialettiche estranee al dipingere, ma intimamente collegate con la vita stessa, tanto da sembrare assorbenti rispetto alla ricerca. Si ravvisa cioè nel suo lavoro un sottile ed enigmatico collegamento con ricerche letterarie e poetiche affini, riscontrabile nella raffinatezza di tocco e nella particolare sensibilità con la quale si tenta la sublimazione spiritualistica della materia pittorica. La ricerca crucianelliana, tuttavia, non si lancia nei campi della corrente avanguardia, anche se questa non viene ignorata, ma l'attenzione della giovane pittrice è rivolta verso altre questioni di carattere più spirituale che terreno, nascenti dalla dimestichezza con problematiche culturali e politiche precise, sufficienti a condurla a superare il privato per il pubblico. Il lavoro pittorico si caratterizza, così, attraverso l'uso di nuclei grafici, di linearismi e di immagini che, pur presentando una dose di notevole elementarità, evidenziano i valori simbolici assunti dalla rappresentazione.
C'è, dunque, nella sua produzione una specie di allusività, originata dai rimandi, dal riproporre alle coscienze nuove occasioni per superare le innegabili inquietudini esistenziali correnti. Così, le prime immagini riassumono l'aspirazione alla divinità attraverso una materia pittorica, talvolta adoperata in funzione decorativa, sempre in grado però di determinare la concretezza della rappresentazione, spinta in un'area analogica dove i tempi propri della quotidianità risultano esaltati dal decantarsi degli strumenti stessi del dipingere.
Il riferimento alla mondanità, quindi, non sembri vano, soprattutto quando l'organizzazione del quadro si fa più serrata, trasformandosi in testimonianza del transito ideale dell'uomo nell'ambito, della spiritualità, che diviene impronta, traccia, luogo di riflessione e di evocazione. Le suggestioni espressioniste emergenti dalla stringatezza formale segnalano la contradditorietà della condizione umana in una società consumistica fino a scuotere profondamente chi guarda, avviandolo ad affrontare decisamente quella ricostruzione etica della società tanto auspicata.
Isabella Crucianelli, affronta il problema salvifico per simboli, avanzando problematiche permeate di tensioni e rigori adatti ad avviare un processo per il quale i meccanismi psicologici trovano i giusti indirizzi operativi. Appare impossibile, per chi segua la logica crucianelliana, divagare dal tracciato disposto sulla tela, dove con caparbia e decisione si pone una costruzione solitaria che riassume le aspettative di chi guarda, costringendolo ad identificarvisi. La ricchezza cromatica e la semplicità formale basta comunque, per chiarire le necessità di una verifica immediata delle posizioni ideologiche e di promuovere la costruzione di un mondo nuovo, dove la sensibilità dell'artista plachi l'ansia del quotidiano.
 In effetti, l'affiato mistico che la giovane pittrice evoca, inventa rappresentazioni di un organico sapore germinale e lascia scoprire una luminosa fatalità, capace di collegarsi alla concretezza del colore per tracciare una lunghezza d'onda aperta a ulteriori orizzonti, tali da suggerire la possibilità di esaltare momenti evocativi di un universo metafisico. L'artista, in conclusione, vive la sua pittura con una pulsante vitalità, identificandosi attraverso di essa con un quotidiano pervaso da correnti mistiche, sul quale si esempla dogmaticamente una ricostruzione particolare del mondo. Il concetto di spazio-forma non è ritenuto esaustivo dell'esperienze ma viene considerato come base di partenza per allargare la personale conoscenza del sensibile, esaltando nella invenzione il profondo radicamento di una cultura tradizionale che senza sbavature o compiaci menti estetizzanti assorbe l'angoscia e le insoddisfazioni dell'uomo contemporaneo, additandogli l’unica via possibile di salvezza: la confidenza in Dio.

Elverio Maurizi, giugno 1984
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